Bussola

Mi ricordo di lei

Mi ricordo di lei una giornata al mare. Accanto a noi, una famiglia del Nord che trascorreva le vacanze su questa costa. Noi tre galleggiavamo a riva, loro tre nuotavano raggiungendo distanze proibite. C’era tra gli altri bagnanti anche una conoscente comune, Carmela, per tutti: la signora Mela. La bambina del Nord nuotava come una forsennata, come se per tutto l’inverno non avesse fatto altro che accumulare energia da liberare in mare. Si avventurava, letteralmente in lungo e in largo, ignorando ostacoli e bagnanti. Quando si avvicinò troppo alla signora Carmela, intervenne il padre: “Stai attenta che lì c’è la Mela!”. “Ma quale mela?” disse allora mia madre, in dialetto, guardando le boe rosse e rotonde all’orizzonte, “quella è una boa”. Per quell’equivoco ridemmo l’intero pomeriggio e dopo, negli anni.

Mi ricordo di lei che amava le canzoni di Battisti e che ci rimase male quando scoprì che i testi erano di Mogol. “Ho sempre amato Mogol, non Battisti”, mi disse un giorno delusa, come se avesse scoperto un piccolo tradimento perpetrato negli anni.

Mi ricordo di lei un giorno in cui era stanca e nervosa e dopo pranzo sedemmo insieme al tavolo in cucina. M’inventai un gioco per distrarla: “Chiudi gli occhi”, le dissi, “immagina di essere sotto una cascata”. “Ma sono nuda o vestita?” “Sei nuda”. “Nuda non mi sento a mio agio”. “Allora sei in mutande”. Rise, accettò di essere in mutande sotto una cascata. “La senti l’acqua che ti scorre addosso?” “Ma è calda o fredda?” “È una cascata, è fredda, ma non importa, rilassati”. “Va bene”. Poi squillò il telefono, era la mia migliore amica e passai con lei una mezz’ora buona. Quando tornai mi disse “Mi hai lasciato sotto l’acqua fredda in mutande”. E così ogni volta che cercavo di distrarla, di sollevarla da una tensione perpetua che allora non capivo e adesso sì, ogni volta mi diceva sempre “Ricordati che mi hai lasciato sotto l’acqua fredda in mutande”. Ridevamo insieme e finiva lì.

Mi ricordo di lei che le piaceva quando uno di noi la baciava sugli occhi chiusi.

Mi ricordo di lei un Natale in cui avevamo deciso di preparare un pollo intero ripieno di burro. Nella ricetta c’era scritto che avrebbe reso la carne più morbida e saporita. Ridevamo pensando a quanto fosse decisamente poco salutare, ma per una volta, a Natale, si poteva anche fare. Prendemmo una siringa e cominciammo a iniettare nel pollo il burro fuso. La carne però era soda e spingere lo stantuffo era sempre più difficile. A un tratto l’ago scivolò via dalla coscia e il burro finì dappertutto, sul tavolo, sulle sedie, sulla credenza. Ora si arrabbia, pensai. Invece si mise a ridere, ridemmo entrambe, pulimmo tutto e decidemmo che andava bene così, infornammo il pollo, la cui carne poi non si rivelò né più morbida né più saporita.

Mi ricordo di lei che il giorno in cui mi accompagnò al mio primo appuntamento, stemperava in macchina la tensione cantandomi una buffa canzone di Pippo Franco con gli accenti tutti sbagliati.

Mi ricordo di lei i calzini bianchi che indossava in questo stesso giorno cinque anni fa. Li fissavo mentre lei, ferma sulla porta, con parole rassegnate, alludeva alla noncuranza di mio padre. E io tesa, nervosa, arrabbiata per la giornata lunga che avrei avuto a scuola, aspettavo che lui scendesse per accompagnarmi alla stazione. Quella mattina non l’ho baciata. Quella giornata a scuola non l’avrei finita. Quei calzini bianchi li avrei sfilati io dai suoi piedi freddi, incredula, in lacrime. E né quel giorno né altri avrei più potuto condividere con lei, non le avrei più potuto raccontare le mie preoccupazioni né ascoltare le sue, non le avrei più potuto chiedere dove fosse quel certo maglione o quel certo libro, non avrei più potuto farle una sorpresa nel giorno del suo compleanno e non avrei più potuto sentire la stessa storia sul concerto di Claudio Baglioni nel giorno del mio.

Mi ricordo di lei quando mio figlio piange come piangeva lei, quando nello specchio vedo tra le sopracciglia la stessa ruga che aveva lei, quando dico a mia figlia che a una mamma si dice tutto, come mi diceva lei, quando mi scopro con gli altri sfrontata e sincera com’era lei. Non esiste al mondo, per me, qualcosa che ancora non mi parli di lei.

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